Ascensore ad uso privato: possibile lo stop da parte del Comune

Fatale l’assenza dei requisiti richiesti dalla normativa e dalla strumentazione urbanistica

Ascensore ad uso privato: possibile lo stop da parte del Comune

Sacrosanto puntare alla rimozione delle barriere architettoniche, anche all’interno di un condominio, ma ciò non può legittimare in automatico la realizzazione di un ascensore privato. Per questa ragione, il Comune può lecitamente bloccare il progetto, come avvenuto a Parma, a fronte, sanciscono i giudici (sentenza numero 3925 dell’8 maggio 2025 del Consiglio di Stato), della accertata assenza dei requisiti richiesti dalla normativa e dalla strumentazione urbanistica. Chiuso così, in via definitiva, il contenzioso originato dal provvedimento con cui il Comune di Parma ha vietato alla proprietaria di un’unità immobiliare, posta ai piani terzo e quarto di un palazzo cittadino, la prosecuzione dell’attività di costruzione di un ascensore privato ad uso esclusivo all’interno della corte condominiale. Inutili le obiezioni sollevate dalla donna. Decisivi, invece, secondo i giudici, i riferimenti forniti dal Comune, ossia: la vetustà dell’assenso ai lavori da parte dell’assemblea condominiale; l’assenza di certificato medico attestante la condizione di disabilità della donna e di dichiarazione sostitutiva di notorietà in merito alla ubicazione dell’abitazione e alle connesse difficoltà di accesso; l’assenza degli elaborati tecnici di progetto che chiaramente evidenzino le soluzioni progettuali e gli accorgimenti tecnici adottati per il superamento delle barriere architettoniche; il contrasto tra la dichiarazione, nella relazione tecnica asseverata, che l’immobile non è sottoposto a tutele e quanto risulta, viceversa, nel regolamento urbanistico edilizio; l’assenza del parere della ‘Commissione per la qualità architettonica e il paesaggio’ e la necessità di depositare, per acquisire detto parere, un rendering da diverse angolazioni, dettagliato e a colori, nello stato di fatto e di progetto; 8) l’impossibilità, in assenza del parere della ‘Commissione per la qualità architettonica e il paesaggio’, quale atto presupposto alla presentazione o comunque all’efficacia della ‘SCIA – Segnalazione certificata di inizio attività’, di dare immediatamente corso ai lavori come dichiarato; l’inosservanza delle disposizioni regionali che fissano i requisiti minimi degli elaborati grafici ai fini dell’asseverazione analitica da parte del progettista abilitato. Tutto ciò preclude la formazione del ‘silenzio assenso’ e giustifica il divieto di prosecuzione delle attività, sanciscono i giudici, i quali aggiungono che l’identificabilità ex ante dell’intervento da realizzare, nelle sue caratteristiche concrete, costituisce condizione per il controllo della conformità dell’opera al progetto, ragion per cui, alla stregua di un criterio teleologico e sistematico, il decorso del termine per il ‘silenzio assenso’ è impedito dall’assenza delle informazioni che il privato deve fornire, dovendo l’amministrazione procedere alle verifiche, per l’appunto, consentite dal tenore degli allegati alla ‘SCIA – Segnalazione certificata di inizio attività’ e alle eventuali integrazioni documentali. Di conseguenza, una volta escluso, nella vicenda in esame, che il ‘silenzio assenso’ potesse essersi formato, il divieto di prosecuzione dell’attività non è assolutamente tardivo e può essere legittimamente adottato sulla base della rilevata assenza dei requisiti richiesti dalla disciplina regionale in materia di elaborati progettuali in edilizia, che costituisce motivo ostativo autonomo e di per sé sufficiente a reggere il provvedimento adottato dal Comune.