L’improvviso abbagliamento non salva l’automobilista dalla condanna per omicidio stradale
I giudici hanno specificato che l’uomo, nonostante sia stato abbagliato dal sole, non ha mantenuto la dovuta diligenza nel ridurre ulteriormente la velocità del veicolo.
Nelle Marche, un uomo è stato processato per la morte di una donna in un incidente stradale. Nello specifico, gli viene contestato di aver causato la morte del pedone in seguito a una collisione, poiché non ha rispettato i limiti di velocità imposti dal Codice della Strada. I giudici hanno stabilito che l'uomo alla guida ha urtato accidentalmente la donna, causandole lesioni fatali.
La difesa ha sostenuto che l'automobilista non ha superato i limiti di velocità e che è stato improvvisamente intralciato da un'auto proveniente in senso opposto e da un raggio solare accecante. L'avvocato ha sostenuto che il tragico incidente è stato un caso fortuito causato da circostanze sfortunate, incluso il fatto che la donna indossasse un vestito scuro e camminasse all'ombra di un albero. La telecamera dell'auto ha convalidato l'abbagliamento improvviso e momentaneo come fattore chiave nell'incidente.
Tuttavia, la Corte di Cassazione ha ribadito che l'abbagliamento non giustifica la condotta dell'automobilista, poiché avrebbe dovuto ridurre la velocità o fermarsi per evitare situazioni pericolose. Secondo i giudici, l'abbagliamento non esonera l'uomo dalla responsabilità penale, poiché avrebbe dovuto adottare un comportamento idoneo a garantire la sicurezza stradale. La responsabilità dell'automobilista è stata confermata anche considerando che l'abbagliamento non giustifica la mancanza di diligenza nel guidare e nel prevenire incidenti.
In conclusione, la Corte ha stabilito che l'uomo è responsabile della morte della donna a causa delle sue azioni negligenti e della mancanza di adeguata prudenza nella guida, nonostante l'abbagliamento: in tali situazioni, infatti, i conducenti devono ridurre la velocità e prendere precauzioni per evitare incidenti che possano arrecare danni a terzi (Cas. n. 36133 del 27 settembre 2024).