Multa per la società che utilizza contenuti social e chat private per legittimare il licenziamento del dipendente

In generale, i dati personali presenti sui social network, o comunque accessibili online, non possono essere utilizzati liberamente e per qualunque scopo, solo perché visibili a una platea più o meno ampia di persone

Multa per la società che utilizza contenuti social e chat private per legittimare il licenziamento del dipendente

Multa a carico di ‘Autostrade per l’Italia spa’, colpevole, secondo quanto accertato dal ‘Garante per la privacy’, di avere trattato in modo illecito i dati personali di una dipendente, dati poi utilizzati, per giunta, per giustificarne il licenziamento.
A richiamare l’attenzione del ‘Garante’ è stata la lavoratrice, la quale ha segnalato l’utilizzo, da parte della società, di contenuti estratti dal suo profilo ‘Facebook’ e da chat private su ‘Messenger’ e ‘WhatsApp’ e utilizzati per motivare i procedimenti disciplinari a suo carico. Tra i contenuti utilizzati figuravano anche stralci virgolettati di commenti e descrizioni di foto.
Dagli accertamenti compiuti dal ‘Garante’ è emerso che i contenuti erano stati utilizzati dal datore di lavoro senza una base giuridica valida, attraverso screenshot forniti da alcuni colleghi della lavoratrice e da un soggetto terzo, presenti tra gli ‘amici’ su ‘Facebook’ della lavoratrice e attivi nelle sue conversazioni private su ‘Messenger’ e ‘WhatsApp’. Le comunicazioni, inoltre, riguardavano opinioni e scambi avvenuti in contesti estranei al rapporto di lavoro, non rilevanti, quindi, ai fini della valutazione dell’idoneità professionale.
Per legittimare la sanzione – una multa di 450mila euro – nei confronti della società, il ‘Garante’ ha sottolineato che, una volta accertato il carattere privato delle conversazioni e dei commenti – pubblicati, tra l’altro, in ambienti digitali ad accesso limitato –, la società avrebbe dovuto astenersi dal farne uso. Difatti, l’impiego di tali informazioni ha violato i principi di liceità, finalità e minimizzazione previsti dalla normativa sulla privacy.
In generale, poi, i dati personali presenti sui social network, o comunque accessibili online, non possono essere utilizzati liberamente e per qualunque scopo, solo perché visibili a una platea più o meno ampia di persone, ha ribadito il ‘Garante’.
E, poi, anche nell’ambito dell’attività disciplinare, il datore di lavoro è tenuto a bilanciare correttamente tale potere con i diritti e le libertà fondamentali riconosciuti ai dipendenti. In questa ottica, il principio di finalità impone che i dati siano raccolti per scopi specifici, espliciti e legittimi, e trattati in modo coerente con tali scopi. Pertanto, l’utilizzo nel procedimento disciplinare di messaggi scambiati su canali privati di comunicazione è avvenuto in palese violazione della segretezza e riservatezza della corrispondenza, dunque in assenza di una giustificazione normativa.